Mascherine e non solo: ecco i dpi artigiani made in Liguria

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06/06/2020

Cellule igienizzanti, mascherine prodotte in Liguria e, talvolta, con un tocco fashion. L'artigianato ligure non sta a guardare e, anche in emergenza, sfrutta tutto il suo know how per diversificare la produzione o crearla ex novo

La capacità dell'artigianato ligure di innovare, sviluppare il proprio know how e, in questi mesi, di trasformare necessità in virtù non si è mai fermata, nemmeno in fase di emergenza. Sono tante le imprese del territorio ligure che hanno sviluppato ingegno e competenze per realizzare dispositivi utili, spesso indispensabili, per garantire la sicurezza delle persone e contrastare la diffusione del coronavirus.

È il caso di VMetal, storica azienda metalmeccanica di Arma di Taggia che, in collaborazione con Mc Edit Solutions, ditta edile francese, ha sviluppato un'innovativa cellula igienizzante: «L'esigenza del nostro cliente francese era quella di garantire un accesso sicuro ai suoi dipendenti nei cantieri edili – spiega Donatella Vivaldi di VMetal – Perciò abbiamo colto la palla al balzo per sviluppare una cabina personalizzata che potesse sanificare in pochi secondi gli indumenti dei lavoratori. Ci siamo occupati della parte metalmeccanica, realizzando una struttura molto esistente, in ferro, zincata e rifinita in alluminio. Al passaggio del lavoratore, segnalato con un semaforo, si attivano dei getti che igienizzano gli abiti. All'interno è necessario indossare la mascherina e, per il momento, anche la visiera». VMetal utilizza l'innovativa cabina già per i suoi dipendenti e punta a produrla anche per il settore industriale, in particolare, la cantieristica: «Abbiamo ricevuto segnali di interesse, i contatti sono molti. Siamo anche riusciti ad abbassare il costo che avevamo inizialmente ipotizzato». La cellula, personalizzabile, è certificata e al 100% made in Italy.

Non possono poi mancare le mascherine: Genova Medical Service, società di servizi medici, si è “lanciata” nella produzione di questi dispositivi, aprendo una nuova fabbrica a Moconesi, in val Fontanabuona: «Abbiamo acquisito un capannone per svincolarci dall'importazione di mascherine dalla Cina e iniziare una produzione autonoma – spiega l'amministratore unico Claudia Castello – Siamo un'azienda di servizi, da ora siamo diventati una piccola impresa produttiva. Puntiamo ad arrivare a una produzione di circa 3 milioni di pezzi a settimana già a luglio, per essere poi completamente a regime ad agosto». Punti di forza dell’azienda, i macchinari e i tessuti, tutti made in Italy. Ma anche la posizione strategica della fabbrica, nel cuore della Liguria, nell'ottica di velocizzare logistica, tempi di consegna e, di conseguenza, anche il prezzo del prodotto finito.

Ad aggiungere un tocco fashion alle mascherine ci pensa invece la genovese Liapull, che è riuscita a trasformare un dispositivo di protezione personale in un accessorio alla moda: «Abbiamo realizzato un primo prototipo nel periodo di maggiore emergenza sanitaria, poi abbiamo provato a capire quanto fosse fattibile la sua produzione su più ampia scala, facendo i conti con burocrazia e certificazioni – descrive Fiorella Ghignone, titolare dell'impresa – Ai primi di aprile abbiamo ricevuto l'autorizzazione a produrre la mascherina filtrante, detta anche mascherina di comunità: si tratta di un dispositivo che si può usare quotidianamente, per una passeggiata o per lavorare, basta mantenere la distanza di sicurezza. È in poliuretano, ecologica e lavabile fino a 300 volte». E poi è arrivata l'idea di personalizzarla: «Perché realizzarle solo bianche o nere? – racconta Ghignone – Visto che è obbligatorio indossarle, tanto vale renderle più belle. Del resto, è nel nostro dna. Abbiamo così iniziato a colorarle, realizzandole anche in fantasia, in modo che siano abbinabili a ciò che si indossa. Insomma, le abbiamo rese alla moda». La novità ha stimolato l'azienda stessa ad aprirsi a nuovi canali di vendita: «Abbiamo aperto un nuovo sito di e-commerce per la vendita online di questi prodotti, che si affianca così a quella in negozio. Inoltre le mascherine sono diventate anche uno strumento per far conoscere il nostro brand ai consumatori finali: in qualche modo questa esperienza è stata anche uno stimolo per innovarci».

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