Covid-19, prevenzione infortuni ed igiene degli alimenti: ripartiamo insieme

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05/06/2020
L'emergenza Coronavirus ha generato la legittima domanda, in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, se il rischio di contagio debba essere preso in considerazione dal datore di lavoro aggiornando il documento di valutazione dei rischi ed anche il mauale Haccp. Le norme vigenti impongono di valutare tutti i rischi, dal punto di vista della sicurezza sul lavoro e dell'igiene degli alimenti, intendendo quindi tutti i rischi specifici che sono connessi al contesto strutturale, strumentale, procedurale ed alle regole che il datore di lavoro ha concepito e messo in atto per il perseguimento delle proprie finalità produttive.  

Fatte salve alcune specifiche attività lavorative, come ad esempio quelle che si svolgono nei servizi sanitari ed ospedalieri, in tutti gli altri casi, il rischio Covid-19 è un rischio generico che non nasce dall’organizzazione messa in campo dal datore di lavoro o che necessariamente si manifesta in tale organizzazione, ma che semmai “approfitta” dell’impresa e del complesso sistema di relazioni personali su cui essa si regge per manifestarsi e diffondersi, provenendo dall’esterno dell’impresa stessa: è il caso del lavoratore che si contagi in un ambiente esterno all’azienda e, andandovi a lavorare, vi introduca il virus oppure il caso per cui un'impresa invia un proprio lavoratore in un Paese con un alto rischio di terrorismo, aspetto normalmente ben noto e prevedibile, e quindi si può affermare che nell’organizzazione di tale impresa è insito quel rischio specifico. Tutto ciò è valido anche per il rischio contagio quando si mandano lavoratori in Paesi nei quali sia nota e prevedibile la presenza di epidemie: il datore di lavoro dovrà valutare quei rischi e, dove non possa evitarli, dovrà mettere in atto tutte le misure atte a contrastarli e ridurli.

Nel caso del Coronavirus le cose stanno diversamente: in primo luogo non è un rischio che grava su di una o più aziende ma sul mondo intero, a qualunque latitudine e a prescindere da ciò che si fa e da dove si è. Mentre nel caso del terrorismo si potrebbe evitare il rischio non inviando il lavoratore all’estero o magari facendolo lavorare con gli interlocutori di quel Paese in smart working, nel caso del Coronavirus neppure facendo lavorare i lavoratori a casa od altrove in smart working si può essere certi di evitare il contagio. Paradossalmente il lavoratore potrebbe essere più al sicuro in un’azienda in cui si adottino misure precauzionali che altrove. Qualunque modalità organizzativa si adotti, il rischio di contagio da Coronavirus, più o meno intenso, esiste sempre perché è immanente sul mondo, finché non si troverà il vaccino.  Una cosa è l’obbligo del datore di lavoro di rispettare gli obblighi prevenzionistici che gli incombono in relazione alla sua specifica organizzazione, ed altra cosa è l’obbligo di attuare le misure prevenzionistiche anti-contagio dettate dalla pubblica autorità, le quali non devono quindi integrarsi nel documento di valutazione dei rischi o nel mauale Haccp.

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Igiene degli alimenti, Alessia Cagnoli, tel. 0187.286654, cagnoli@confartigianato.laspezia.it
Prevenzione infortuni, Enrico Taponecco, tel. 371.4984585, sicurart@confartigianato.laspezia.it

 

 

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