Accettate il Consiglio (36) - Quei deputati e senatori fuori tempo massimo di Massimiliano Lussana

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28/03/2018

Finalmente, venerdì 23 marzo hanno riaperto i due rami del Parlamento.

E ci voleva, anche perché fino ad ora, nel 2018, non è che Senato della Repubblica e Camera dei deputati fossero - come dire? - oberati da un superlavoro.

A Montecitorio, quest'anno i portoni dell'aula si sono spalancati prima del galà di apertura della nuova legislatura solo il 9 gennaio per "Comunicazioni del presidente" e il 17 per le relazioni sulle missioni internazionali di pace.

A Palazzo Madama, solo il 9 gennaio, sempre per "Comunicazioni del presidente".

Eppure, il giorno del passaggio dalla vecchia alla nuova legislatura, fra i colpi di scena che hanno contrassegnato l'elezione dei presidenti delle Camere, i resoconti parlamentari hanno fatto registrare un record di comunicazioni, quasi un estremo tentativo dei parlamentari uscenti (che sono stati regolarmente pagati fino al 22 marzo) di lasciare le tracce dei loro polpastrelli sui banchi delle Camere.

A partire dal Senato dove, ad esempio, il senatore Carlo Giovanardi, uno che non ha mai avuto peli sulla lingua anche usando carta vetrata dialettica, a volte eccessiva nei confronti di famiglie di ragazzi morti, per difendere le sue idee e i suoi principi.

Giovanardi è stato parlamentare ininterrottamente dal 1992 al 2018, prima con la Dc, poi col Ccd, poi con l'Udc, poi con il Pdl, quindi con il Nuovo centrodestra e infine con Idea di Quagliariello e con Noi con l'Italia.

Insomma, non è che non ha avuto il tempo di dire la sua.

Ma, fino all'ultimo, ha voluto lasciare le sue tracce nelle aule parlamentari, firmando l'ultima interrogazione della diciassettesima legislatura, in cui chiedeva al Guardasigilli Andrea Orlando lumi sulle dichiarazioni del magistrato genovese Zucca relative al caso Regeni e ai vertici della Polizia dopo il G8.

Poi, Giovanardi non si è ricandidato, ma gli atti di sindacato ispettivo l'hanno accompagnato fino all'ultimo giorno di vita della legislatura e del mandato. E il fatto che la sua interrogazione sia stata annunciata solo il primo giorno della nuova legislatura, di fatto, lo fa rientrare dalla finestra a Palazzo Madama dopo che ne era uscito dal portone.

Oppure, il senatore Marino che ha deciso di ritirare una sua proposta di legge l'ultimo giorno della legislatura, che evidentemente non gli piaceva più dopo cinque anni di giacenza negli archivi parlamentari, quella relativa a "Disposizioni concernenti la riorganizzazione delle agenzie fiscali".

La sua collega deputata Roberta Agostini, invece, nei tempi supplementari, anzi a tempo scaduto, un po' come il gol del Milan al Ferraris contro il Genoa, ha deciso che una sua proposta doveva cambiare titolo, trasformandosi in "Disposizioni per la prevenzione, il contrasto e la tutela delle vittime di molestie e di molestie sessuali nell’ambito lavorativo".

O, ancora, il gruppo dei verdiniani di Ala, che hanno portato negli ultimi giorni anche l'edera del Partito repubblicano italiano, circostanza che ha permesso al Pri di presentarsi in tutta Italia senza peraltro raccogliere messi di voti, ha ridesignato i senatori componenti delle varie commissioni, rimescolando i partecipanti in base ai nuovi arrivi.

Piccolo particolare: i senatori targati "Ala-Pri" sono stati designati in una commissione o nell'altra, ma le commissioni non si sono mai riunite.

Poi, per la cronaca, il Pri_Ala ha preso lo 0,06 per cento dei voti alla Camera e lo 0,09 per cento al Senato.

Oppure, quelli di "Noi con l'Italia", il partito dei seguaci di Maurizio Lupi, di Raffaele Fitto, di Saverio Romano, di Flavio Tosi, di Enrico Costa, di Gaetano Quagliariello, di Enrico Zanetti e poi anche di Lorenzo Cesa e della sua Udc.

Sperando di non dimenticare qualche capo o capetto o qualche sigla o sigletta.

Ovvio, che con un gruppo così composito, gli equilibri erano delicatissimi, tanto da rimescolare ed integrare i vertici del raggruppamento anche l'ultimo giorno della legislatura.

Poi, "Noi con l'Italia" ha dimostrato di avere più leader e soci fondatori che voti sulle schede, ma i cambiamenti e le integrazioni nei gruppi parlamentari del Senato sono stati comunque comunicati ufficialmente. Da Giorgio Napolitano, senatore a vita che ha presieduto la seduta inaugurale come membro più anziano di Palazzo Madama, con la classica formula del richiamo agli allegati al resoconto stenografico, questa volta arricchiti anche dalle "code" della diciassettesima legislatura.

Su, su fino alla scelta di Maurizio Romani, senatore dell'Italia dei Valori che ha cambiato gruppo lasciando gli ex dipietristi per aderire al Misto tout court.

Ma senza riuscire a partecipare ai lavori delle Camere in questa nuova veste.

Icona e rappresentazione plastica della legislatura con più cambi di gruppo della storia d'Italia.