Credito: i “piccoli” imprenditori più affidabili dei grandi

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04/01/2016

Sebbene le sofferenze bancarie siano ancora in aumento e superino i 180 miliardi di euro, i piccoli imprenditori si dimostrano più affidabili delle grandi imprese industriali.

“Tra il giugno 2015 e giugno 2014 – spiega il responsabile credito di Confartigianato Marco Vignudelli – le classi di grandezza delle sofferenze fino a 75.000 euro hanno registrato una contrazione, mentre quelle da 75.000 e 125.000 sono aumentate appena dello 0,5 per cento. Niente a che vedere con quanto è successo in quelle più elevate. Nella fascia tra i 500.000 e il milione di euro la variazione è stata dell’11,4 per cento, per quella successiva, tra 1 e 2,5 milioni, l’aumento è stato del 14,5 per cento e per le classi ancor più elevate l’incremento ha superato il 18 per cento. Questi dati pubblicati recentemente dall'Ufficio Studi della Cgia di Mestre confermano che le famiglie e le piccole imprese continuano a essere più solvibili delle grandi imprese, il livello delle insolvenze è proporzionale alla dimensione dei prestiti ricevuti”.

Anche le statistiche riferite alle sofferenze bancarie per comparto di clientela confermano il dato. Se nell’ultimo anno le famiglie consumatrici e quelle produttrici (con meno di 5 addetti) hanno registrato un aumento delle sofferenze rispettivamente del 3 e del 4 per cento, per le Amministrazioni pubbliche la crescita è stata del 6,5 per cento, per le società non finanziarie (con più di 5 addetti) del 12,7 per cento e per quelle finanziarie del 147, 5 per cento.

Se analizziamo un periodo più lungo (tra giugno 2011 e giugno 2015) l’esito è sempre in linea con quello già descritto. Se famiglie e micro imprese registrano una crescita del 46,6 e del 47,6 per cento, le società non finanziarie (+107,8 per cento), le società finanziarie (+282,5 per cento) e le pubbliche amministrazioni (+484,6 per cento) hanno registrato delle variazioni elevatissime (negli ultimi 2 casi si segnalano, tuttavia, importi ancora molto limitati).

Sul fronte dei prestiti bancari per comparto di clientela spicca il dato negativo riferito alle imprese. Sia le micro (famiglie produttrici con meno di 5 addetti) sia le altre (società non finanziarie con più di 5 addetti) nell’ultimo anno hanno segnato una contrazione, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 2,5 per cento. Anche le istituzioni senza fini di lucro (enti no profit) hanno osservato una riduzione del 4,4 per cento. Di segno opposto, invece, lo score registrato dalle famiglie consumatrici (+2,6 per cento), dalle Amministrazioni pubbliche (+ 2 per cento) e dalle società finanziarie (+5,6 per cento). Anche tra settembre 2011 e settembre 2015 le variazioni percentuali non hanno cambiato segno: -8,6 per cento per le famiglie produttrici, -11,6 per cento per le società non finanziarie, -6,6 per cento per le istituzioni senza fini di lucro. Mentre per le famiglie consumatrici (+0,6 per cento), per le Amministrazioni pubbliche (+4,2 per cento) e per le società finanziarie (+14,5 per cento) i risultanti sono stati positivi.

“Nell’ultimo anno i prestiti bancari verso la Pa sono aumentati di 5,2 miliardi – conclude Vignudelli – ma nonostante ciò quest’ultima rimane la peggiore pagatrice d’Europa. Si è verificato anche un incremento del livello delle sofferenze in capo al pubblico che, pur rimanendo molto contenuto in rapporto al totale dei prestiti, rappresenta un po’ un controsenso, dal momento che quando l’erario o gli enti locali devono incassare si trasformano; di colpo diventano efficienti, inflessibili e spietati nei confronti di chiunque non rispetti anche di un giorno il termine di pagamento”.

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