Alfredo Toti (Confartigianato): Il rinnovamento è la chiave per superare la crisi

Tempo di lettura: 3 minuti
11/08/2014

Nella situazione di grave stallo, in cui la crisi che dura ormai da più di sette anni, è necessaria per noi come Associazione di imprese, una riflessione seria su come possiamo reinventarci un ruolo di guida e di promozione dell'attività economiche che fanno a noi riferimento e cioè i nostri imprenditori. Purtroppo i corpi intermedi quali noi siamo hanno accumulato ritardi pericolosi nell'adeguarsi alla necessità e ai problemi che la realtà economica ci impone. Il pericolo per noi è quello di adagiarsi su vecchie formule di assistenza e di promozione, fermandosi alla rivendicazione dei diritti, che la realtà della crisi, sta spazzando via uno ad uno. Ho letto con attenzione le recenti relazioni dei dirigenti nazionale delle Confederazioni, e francamente le ho trovate carenti e deludenti. In questo frangente ben altro avrebbe dovuto essere lo sforzo che uscendo dalla pura rivendicazione verso gli inadempimenti delle forze politiche e del governo, proponesse un nostro modo di uscire dall'impasse, promuovendo un rinnovamento del nostro essere corporazione, che non sia quello di confluire solo numericamente in un assemblaggio con le altre Confederazioni, che a parte i numeri, non ha aggiunto nessuna nuova idea, per contare veramente di più e offrire sopratutto alle nostre imprese un nostro modo di uscire dalla crisi. In questo modo rischiamo di perdere il contatto e più ancora il consenso dei nostri associati, che possono trovare altri canali ed altri strumenti per canalizzare le tensioni drammatiche di cui sono vittime, vedi ad esempio i net-work, le associazioni di interessi specifici e particolari, internet, e le varie reti, e i vari blog. Non diversa è la situazione della politica, travolta anch'essa dall'aggravarsi della crisi e del precipitare del paese, incapace di uscire dalle sue drammatiche contraddizioni, che lo stanno coinvolgendo, soffocandone le timide reazioni. Un quadro troppo pessimistico? Non credo. La distruzione giorno dopo giorno del nostro sistema imprenditoriale, la morte di un numero così elevato di piccole imprese, non può essere valutato diversamente (il silenzio di Renzi potrebbe essere finalizzato). Bisogna, questo si, tenere i nervi saldi e la testa lucida, per ritrovare la strada smarrita, e non andare a sbattere come un auto impazzita e senza guida. Noi dobbiamo tenere la guida, indicare una strada nuova e percorribile, insolita certo, ma in grado di tornare dopo la curva ad un più uguale percorso di pianura, se non di discesa. Il mondo è cambiato totalmente in questi ultimi anni, non possiamo pensare di affrontarlo con le stesse idee, gli stessi strumenti, la stessa immutata struttura di imprese, sulla quale ci siamo compiaciuti, convinti di essere di esempio a tutti, gridando ai sette venti che piccolo era bello, comunque e a prescindere, finendo così in pancia alle balene cinesi e ai panzer tedeschi! Come si fa a non vedere ancora che siamo carenti di medie imprese dai cinquanta ai cento dipendenti, che siano in grado di avere un organizzazione aziendale, una capacità finanziaria per accedere a nuove forme di finanziamento, che liberino le imprese dal ricatto negazionista delle banche, una capacità di ricerca, una strumentazione adeguata alle nuove tecnologie, alla digitalizzazione, una potenzialità produttiva di affrontare con successo la sfida di mercati più vasti che non siano solo quelli della porta accanto, ma con la capacità di mantenere alto il livello della produzione, e della qualità in un mondo globalizzato nelle dimensioni, ma miniaturizzato nel gusto del bello e del buono, dei prodotti. Solo così possiamo sperare di rinascere come mondo produttivo, solo così avremo esercitato il nostro vero ruolo all'altezza delle sfide che ci attendono.