Regione Liguria, cresce la spesa pro capite per personale e servizi

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16/09/2013

Ogni ligure nel 2012 ha speso 2.752 euro (40 in più della media italiana) per i costi della Regione, al 90% destinate al personale, acquisto di beni e servizi e interessi.
L’appello di Grasso: “Tagliare le inefficienze per razionalizzare i costi della macchina pubblica: chiediamo l’impegno della politica locale e nazionale”

Secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti, rielaborati dall’Osservatorio regionale dell’artigianato, nel 2012 la spesa totale della Regione Liguria è aumentata del 4,6% rispetto al 2011 e ha raggiunto i 4,3 miliardi di euro, mentre il valore della spesa pro capite della Liguria è cresciuto dai circa 2.500 euro del 2011 ai 2.752 del 2012, collocandosi al di sopra della media delle Regioni a statuto ordinario (2.716 euro procapite) e piazzandosi al quarto posto in Italia: solo il Molise (4.532 euro), Lazio (4.056 euro) e Basilicata (2.991 euro) registrano valori più elevati.

La quasi totalità (90%) della spesa della Regione Liguria è destinata alle uscite correnti (personale, acquisti di beni e servizi, interessi), mentre circa l’8% si riferisce alle spese in conto capitale (tra le quali rientrano gli investimenti) e il 2% a quella per il rimborso prestiti. Il 78,8% delle uscite è rappresentato da spese per la sanità, quasi 5 punti percentuale oltre la media delle Regioni a statuto ordinario che si attesta sul 74,2%. Dall’analisi dell’ultimo quinquennio emerge tuttavia un dato positivo: la flessione delle uscite regionali di quasi il 10% rispetto al 2008, quando la spesa totale regionale ammontava a poco meno di 4,8 miliardi di euro.

«Il costo della macchina pubblica e il peso della burocrazia sono una piaga tutta italiana che trova declinazioni analoghe in ogni regione – commenta Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – basti pensare che la spesa pubblica è pari al 51,4% del Pil nazionale e che le retribuzioni dei dipendenti pubblici ne rappresentano il 10,6%. Purtroppo a un costo così esoso della macchina pubblica non corrisponde un’efficiente risposta al servizio di famiglie e imprese. Al contrario secondo l’ultimo report della Banca mondiale, l’Italia è scesa di oltre trenta posizioni come contesto per fare impresa».

Secondo Confartigianato, all’origine del rapporto inversamente proporzionale tra spesa pubblica ed efficienza nei servizi c’è il costo eccessivo della produzione dei servizi collettivi. Sulla base dell’analisi condotta da Confartigianato risulta che se tra il 1995 e il 2012 la dinamica del costo di produzione dei consumi collettivi fosse stata la stessa di quella dei consumi privati, il risparmio sarebbe stato di circa 7,3 miliardi di euro per l’intero periodo di riferimento.

«Da questi dati che si riferiscono alla globalità della spesa pubblica nazionale – commenta Grasso – è evidente che un servizio per la collettività erogato da un soggetto pubblico risulta più caro di quanto non costerebbe se fosse soggetto ai prezzi di mercato. Riteniamo pertanto che sia di stringente necessità rivedere l’approccio alla gestione della spesa pubblica, concentrandosi sull’individuazione delle sacche di inefficienza e rivedendo lo sbilanciamento delle manovre finanziarie focalizzate oggi quasi esclusivamente sulle entrate. Inasprire la fiscalità non può continuare a essere la soluzione ai buchi di bilancio. Pensiamo che sarebbe più efficace individuare gli sprechi, le inefficienze dei servizi e procedere all’affidamento ai privati di quei servizi che il pubblico non può più sostenere se non a caro prezzo per la collettività e con modesti risultati sul piano dei servizi erogati, a partire dalle società partecipate».